The Organ – Grab that Gun –

Della serie, album avuti in continuazione sotto gli occhi e fatti colpevolmente passare senza avergli dato la giusta attenzione. Quest’ esordio ricordo veniva recensito su tutta la carta stampata nostrana nel 2006, anno della sua ristampa e dell’arrivo, dopo un passaparola enorme, in Europa e quindi nel Bel Paese. Il disco infatti era uscito in sordina due anni prima e il 2006 coincide sfortunatamente con lo scioglimento di questo quintetto tutto al femminile proveniente da Vancuover, Canada. The Organ erano una band indie, quando questo termine aveva un significato ben diverso dalla massificazione al ribasso che ha preso negli ultimi due-tre anni. Un gruppo con una connotazione ben precisa, data dall’amore per la dark-wave ottantiana, per gruppi come The Cure, Joy Division e The Smith, band che non possono non venire in mente durante l’ascolto di Grab that Gun. Un debutto derivativo è vero, ma un lavoro che si lascia apprezzare nella sua interezza. Brani dalle strutture semplici, fatti di giri di basso circolari e martellanti, con chitarre spesso arpeggiate e sognanti, poggiati su linee di batteria essenziali e ipnotiche e con gli inserti dell’organo a dare quel tocco magico in più al tutto. Canzoni orecchiabili, tutte dei potenziali singoli su cui si incastra alla perfezione la voce forse un po’ monotona, ma ugualmente suadente e profonda di Katie Sketch. Un album, come scrivevo all’inizio, di cui avevo letto, ma a cui non avevo dato ascolto, un disco riscoperto da poco più di un mese, che sto letteralmente divorando e che  consiglio a chi si mette in macchina per un viaggio, ma anche a chi in una nottata insonne non ha nient’altro a fargli da piacevole compagnia.

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